Quando la malattia irrompe nella tua vita: di accettazione ed altre fatiche- Aspettando le Astronavi con Invisible Body Disabilities




Laura per Chiara DeMarchi Ph

Erano le 3 del mattino del 23 luglio 2008, faceva caldo ed io avevo passato la notte a dormire a singhiozzi, Mi svegliò un forte crampo alla pancia e una forte urgenza di andare in bagno. Mi alzai velocemente, mi sentivo strana, una sensazione indecifrabile. Andai in bagno e lì non feci in tempo ad arrivare al wc che un dolore mai sentito si impadronì di me: mi piegai in avanti e non mi uscì neppure il fiato per chiamare aiuto. Arrivai alla toilette e ciò che il mio corpo buttò fuori fu solo una: sangue rosso vivo. Una, due, tre, quattro, cinque volte...
I ricordi sono nitidi, nonostante siano passati alcuni anni ormai, ma il dolore, lo smarrimento e la paura che ho provato non li riesco e non li posso dimenticare. Ho passato un mese in ospedale per emorragia intestinale e, dopo solo due giorni dal ricovero, ebbi la diagnosi di Morbo di Crohn. Sono stata venti giorni attaccata ad una flebo per essere alimentata ed idratata, dolori, vomito, diarrea, sangue, 10 kg in meno, la consapevolezza di essere malata. Ricordo quando il gastroenterologo mi comunicò la diagnosi. Era seduto vicino a me, mi parlava con delicatezza estrema. Io ricordo che appena sentii "Morbo di Crohn" esclamai: "Oh bene, allora non ho il cancro!". 
Il mio pensiero, fino a quel momento, era stato solo quello di avere un tumore e di star per morire. Qualsiasi diagnosi mi sarebbe sembrata una salvezza. Ma passarono solo pochi secondi di entusiasmo, quando il mio cervello registrò la parola "cronica", associata alla diagnosi che aveva dato il medico. Lo guardai istupidita e gli chiesi: "Aspetti... Ha detto malattia cronica? Dottore, cronica vuol dire per sempre. Lei mi sta dicendo che a 28 anni, io non guarirò da questa cosa?".
Quella notte cambiò tutto, cambiò tutto per sempre. Passai quel mese in ospedale in una sorta di bolla di protezione emotiva. Non potevo permettermi di cedere, non in quel momento. Non potevo permettermi di essere triste né per me, né tanto meno per le persone che mi volevano bene.

Laura per Chiara DeMarchi Ph

Imparai ben presto chi era il mio nemico e mi misi a combattere con tutte le mie forze. 
I primi due anni furono estenuanti: entravo e uscivo dall'ospedale con una frequenza incredibile, quando non ero "reclusa", ero comunque, sempre, senza energie, con i dolori addominali, con l'inappetenza, le corse in bagno anche per un sorso d'acqua, l'impossibilità a mangiare determinati alimenti (come frutta e verdura), con il vomito fino a spaccare i capillari in gola, le malattie reumatiche che si andavano associando con il morbo di Crohn e che mi stavano distruggendo le articolazioni, i muscoli e i tendini, l'insonnia, il gonfiore per le pesantissime terapie cortisoniche, l'osteoporosi a 29 anni, i kg persi fino a ridurmi ad essere l'ombra di me stessa: 46 kg. Ricordo che mi guardavo allo specchio con un disagio infinito. Mi mettevo di fianco e guardavo le costole che si vedevano sotto la pelle che sembrava sempre più fine, ci passavo il dito per sentirle e piangevo. Piangevo perché, nonostante la maschera che portavo con tutti, maschera sostenuta solo dalla rabbia, io non mi riconoscevo più, non accettavo le mie patologie, non accettavo più me stessa. Intorno a me tutto crollava, pezzo per pezzo. 
Dieci mesi prima di avere l'emorragia mi ero sposata: quello doveva essere il periodo più bello della mia vita ed invece ero precipitata all'inferno. L'inferno della malattia, l'inferno di un matrimonio che faceva acqua da tutte le parti perché l'uomo che avevo sposato non voleva stare con me malata, ma neppure aveva il coraggio affrontare la situazione ed andarsene. Ho vissuto 5 anni di privazione emotiva. Mai una carezza, mai un abbraccio se non elemosinato, tanto meno la scarica di adrenalina del sesso. Non c'era più nulla che lui volesse darmi né in termini di affetto, né di bisogno fisico. Ero trasparente. Ero sola e nella mia mente ero colpevole. Colpevole di essermi ammalata, colpevole di farlo soffrire, colpevole di sentire che non era quella la vita che avevo immaginato con lui, colpevole di pensare che, anche se era tutta colpa mia, lui mi sarebbe dovuto rimanere accanto, perché io non me l'ero cercata, io l'avevo addosso la malattia e stavo lottando come una tigre per non fargli pesare nulla. Ho parlato a voce bassa, ho urlato, ho pianto, ho tentato qualsiasi comunicazione con lui, qualsiasi, per dirgli che lo amavo e che ne sarei uscita, che doveva aver fiducia in me, che ce l'avrei fatta. Ma quella fiducia non mi venne mai accordata e una mattina di gennaio del 2012, due giorni dopo aver firmato l'uscita anticipata dall'ospedale per lui, mi ha svegliata nel cuore della notte e se n'è andato di casa. Lui è andato via, io sono andata in mille pezzi, ho creduto che non sarei sopravvissuta, non avevo mai pensato che l'epilogo sarebbe stato quello. La malattia mi aveva portato via la salute e anche il mio sogno: quello di una famiglia mia

La mia Amica Sarah per Chiara DeMarchi Ph
Sono stati 5 anni difficili sotto tutti i punti di vista, ma sono cresciuta e maturata come mai nella vita. La malattia è senza dubbio un evento traumatico che fa tremare le fondamenta del proprio mondo interiore, che fa crollare ogni certezza e conferma solo gli affetti reali, solidi, primari. 
All'inizio è la rabbia contro la malattia a sostenerti, nemica assoluta, ciò che, nonostante ti abbiano detto che è cronica, tu devi sconfiggere, ad ogni costo. Piano piano sopraggiunge la consapevolezza che non guarirai, che quelle pasticche e quei camici bianchi li frequenterai per sempre, che ti toccherà fare esami invasivi, stare settimane attaccata ad una flebo per la nutrizione parenterale quando ci saranno i periodi in cui sarà più cruenta, che ti sveglierai ogni santa mattina con la batteria già al 70% e che dovrai sforzarti sempre più degli altri per fare tutto e per essere come loro, sia sul lavoro, che nel privato. A quel punto puoi scegliere di attraversare la tempesta e farne un momento di crescita personale, oppure abbandonarti alla depressione e lasciarti, di fatto, morire emotivamente. 



Io ho scelto di vivere e di rendermi una persona migliore. E' stato allora, grazie all'aiuto del mio specialista, dei miei genitori e dei miei amici che ho maturato l'idea che il Crohn non è un nemico. Sembra assurdo, lo so ma, ve lo giuro, è così: è qualcosa di cui devo prendermi cura. Perché, certamente, lui non è me, ma è parte della mia vita. Una volta cambiato questo atteggiamento mentale, riacquistai lucidità, iniziai a stare meglio fisicamente e mentalmente, iniziai a vedere con nuovi occhi a quel che era stato il mio matrimonio, mi accorsi che non era colpa mia, né della malattia, capii che mi dovevo delle scuse e che dovevo amarmi. 

La mia Amica Chiara per Chiara DeMarchi Ph


L'interdipendenza è un errore, amici miei. Ho imparato a bastarmi e ad essere completa anche da sola. Ho tagliato i rami secchi e ho tenuto con me ciò che mi aiutava nella ripresa. Ho cambiato casa, ho cambiato lavoro, ho mantenuto poche vecchie amicizie, ritrovato molte persone e conosciute altre che mi hanno accompagnata nel mio percorso di crescita con la malattia e del mio mondo interno. Sono diventata una spugna pronta ad assorbire qualsiasi insegnamento o comportamento positivo, ho ricostruito la mia autostima ( in realtà ci sto ancora lavorando) e ho cercato di essere d'aiuto agli altri e di sostegno a chi in questa situazione ci è incappato dopo di me. Ho faticato tanto, ho pensato di non avere le risorse dentro di me per cambiare, per accettare, per vivere di nuovo e anche meglio. E invece per ciò che la Vita ti toglie, ti dà qualcos'altro indietro.
Oggi, lo sapete, sono innamorata di A., mi sono trasferita in un'altra città, ho fatto scelte coraggiose, sono forte e consapevole. Ho sviluppato ulteriormente la mia sensibilità, dote necessaria per non vivere questa vita in superficie, ho il senso delle cose, so cosa vuol dire cadere e rialzarsi, ora, so cosa vuol dire rinascere dalle proprie ceneri. Ho smesso di essere troppo rigida con me stessa, ho imparato ad essere più indulgente con le mie debolezze, ho imparato anche ad essere più egoista Ho imparato a vivere libera da catene ed imprigionata in ruoli, ho imparato a dare il massimo sempre ma anche ad accettare il limite come una risorsa.
Avrei ancora molto da scrivere ma, per sommi capi, questa è la mia storia e molte storie come la mia vengono raccontate da una bravissima fotografa il cui nome è Chiara DeMarchi. Chiara è una giovane donna, una giovane mamma e moglie affetta da Rettocolite Ulcerosa, l'altra grave malattia cronica dell'intestino ed è la fondatrice del progetto più bello e credibile in cui io mi sia imbattuta in questi anni di malattia: Invisible Body Disabilities. 

Eleonora per Chiara DeMarchi Ph


Credo fortemente che Chiara abbia ideato il progetto per dar voce a tutte le persone che, all'apparenza, vi sembrano sane e normali ma che portano cicatrici sul corpo e nell'anima, ma credo anche che il progetto sia servito a lei per sublimare il suo dolore. Perché, oltre ad essere la bravissima professionista che potete cogliere dalle immagini nel post, è anche una di noi: una IBD (Infiammatory Bowel Disease) Fighter. Vi assicuro che tutti i malati cronici provano a dare un senso a ciò che hanno patito e patiscono. Chi lo fa cercando di sapere tutto lo scibile sulla malattia, chi parlandone allo sfinimento, chi buttandosi a capofitto nella propria passione che sia la musica, la danza, la fotografia, gli animali, la scrittura, ognuno a suo modo, chi, come me, nel cercare di aiutare chi arrivava smarrito alla diagnosi. Per diversi anni ho fatto parte di un forum molto importante sulle MICI (Malattie infiammatorie croniche del'intestino) diventando anche moderatrice ed è stato un grande aiuto per me e per gli altri. Per me per il semplice motivo che tutta la sofferenza che avevo attraversato, le esperienze fatte ed i trucchi appresi nella gestione della malattia, avevano un senso: essere di aiuto, stimolo e conforto ad altri che stavano al buio pensando che la loro vita non  avrebbe più preso il volo.
Invisible Body Disabilities è invece un progetto fotografico in cui Chiara racconta, attraverso le sue meravigliose fotografie e le voci delle persone protagoniste, tante storie di coraggio, di caduta e di risalita, tutte storie di speranza e di vita, di amore per la vita. Amore senza fronzoli, amore puro, forte e coriaceo. Credo in questo progetto e non smetterò mai di ringraziare Chiara DeMarchi per tutto il lavoro che fa perché questo è l'unico progetto in cui mi sono ritrovata, in cui ho sentito di riconoscermi, in cui, finalmente, sento davvero le voci di chi soffre di queste patologie e da cui stiamo traendo visibilità.
Perciò vi chiedo, con il cuore, di visitare la pagina Facebook del progetto al seguente link: https://www.facebook.com/invisiblebodydisabilities/ e mettete like alla pagina.

Il sito ufficiale del progetto è: http://www.invisiblebodydisabilities.org/ e qui potrete leggere tantissime storie e approfondire le tematiche relative a queste malattie ancora così poco conosciute.

Se volete aiutare Chiara nel suo progetto potete donare qui: http://www.invisiblebodydisabilities.org/support-the-project/

Come ultimo favore vi chiedo di guardare questo video perchè vi racconta in breve ma con grande efficacia cosa sono Morbo di Crohn e Rettocolite Ulcerosa: blob:https://www.facebook.com/ee60fade-e931-4e7b-8d96-77080c31e7d5

Grazie a tutti di cuore per aver letto questo lunghissimo post ma abbiamo bisogno di tutti voi per fare informazione e per rendere queste malattie conosciute e diagnosticate in tempo. Io ho atteso 15 anni per conoscere la verità, altri ancora più a lungo di me. 
Grazie!

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