Quattro verità che ho imparato da quando mi sono trasferita





Sono passati ormai quasi 4 mesi da quando mi sono trasferita dal nord al centro Italia e ci sono differenze, comportamenti e cose a cui ho dovuto abituarmi in fretta. Ammetto che non a tutte ho fatto davvero l'abitudine, in realtà, le sopporto come un incontrovertibile dato di fatto.
Facciamo subito una doverosa precisazione: questo è un post ironico e non vuol essere in nessun modo un paragone fra nord e centro, Liguria e Lazio, o cose di questo tipo anche perché la prima è la mia terra natale e il Lazio la mia nuova casa, dove mi trovo molto bene.
Ecco quindi le quattro verità che ho imparato da quando mi sono trasferita:

1) I decibel utilizzati per parlare: il volume della voce di una persona che vive qui è infinitamente più alto del mio e di qualsiasi ligure. Al nord alzare la voce, se non si è alterati,  è puro inquinamento acustico, in men che non si dica, se ti parte un po' la corda vocale, ti guardano tutti con disapprovazione. Nel Lazio si scazzano per il motivo opposto. Una delle frasi ricorrenti di questi primi mesi è: "Ma perché parli così piano? A Gra nun te sentoooo!". 
Credo che a questa cosa non troveremo soluzione... Io sopporterò i mal di testa che mi fanno e faranno venire e loro leggeranno il mio labiale per il resto dei loro giorni. Amen!

2) Il rapporto con il cibo: nella mia nuova terra vige il "più intrugliato è meglio". Per mia fortuna ho origini del sud e non sono una di quelle che vivono contando le calorie dalla mattina alla sera sennò non potrei sopravvivere qui. Credo che la cofana di insalata prima di mangiare al ristorante, usanza tanto cara al nord, sia bandita per legge da queste parti. Voi non avete idea di cosa voglia dire arrivare al self service sotto l'ufficio per il pranzo e trovare: coda alla vaccinara, gnocchi gorgonzola e salsiccia, carbonara, arrosti vari, pomodori al forno con il riso e altre cose non proprio leggere e, ovviamente, sempre intingolate. La cosa pazzesca è che poi lavorano come se niente fosse! Ai miei occhi sono super eroi perché, se io mangiassi coda alla vaccinara a pranzo, poi dovrei per forza dedicarmi a quella che qui chiamano "a cecagna", cioè la pennichella.  

3) I ritmi: una delle differenze che mi è balzata subito agli occhi è il modo di gestire i tempi. Voi non potete di quanto qui siano rilassati, persino lenti! Ricordo la prima volta che andai in farmacia ad Orte: appena entrata rimasi piacevolmente colpita dal fatto che ci fossero solo due persone e l'idea di sbrigarmi in fretta non mi pareva vero, abituata alle interminabili folle di Genova. Invece aspettai circa 25 minuti... Perché? Perché chiaccheravano amabilmente del più e del meno, i farmacisti chiedevano notizie di questo o quel parente dell'albero genealogico delle persone davanti a me. Io battevo nervosamente la punta della scarpa pervasa dalla solita frenesia della corsa a cui ero abituata a Genova. Voi penserete che l'episodio che vi ho descritto sia riferibile ad Orte in quanti piccolo centro, lo pensai anch'io a suo tempo, e invece no! Persino a Roma hanno un modo completamente diverso di approcciare ai ritmi. Non c'è traccia dell'isteria che c'è a Genova e ancor più in altre città del nord. Quando gli chiedi come facciano a restare così calmi, loro ti rispondono che fanno quel che possono, con il massimo impegno certo, ma quel che possono. Più di una volta, confrontandomi mi hanno detto che al nord il livello di stress è estremamente elevato perché corriamo di qua e di là, sempre e comunque, anche nel tempo libero. "A Gra ma, alla fine 'ndo cazzo è che correte dalla mattina alla sera?" è ciò che mi hanno chiesto più di frequente. In effetti non hanno torto, anche loro hanno lavoro, famiglia ed impegni ma semplicemente si fanno avvolgere meno dall'isteria. Essere pendolare mi sta insegnando moltissimo in questo senso. All'inizio mi stressavo con i treni e i mezzi romani (su Atac scriverò un punto a parte), ritardi, ansie, "a che ora arrivo a casa", etc... Dopo un paio di mesi, mi sono resa conto che avevo smesso di angosciarmi. L'importante è arrivare in orario al lavoro, il ritorno si affronterà e ho imparato ad utilizzare quel tempo per me: leggere, scrivere, chiamare la famiglia, gli amici, informarmi, fare compere e mille altre cose. Perché alla fine davvero 'ndo cazzo è che corro sempre?

4) Atac: i mezzi pubblici a Roma sono ciò che di peggio si possa sperimentare in materia. Ciò che si narra su Atac Roma non è una leggenda metropolitana, vi giuro, è tutto vero! Forse è pure peggio. Aspetti un autobus anche per più di un'ora e, a volte, quando arriva è fuori servizio o deve andare in deposito... La metropolitana è in condizioni pietose: sporca, maleodorante, sempre stracolma di persone e i vagoni spesso vetusti, stai lì con l'idea che contrarrai l'ebola da un minuto all'altro e che nessuno ti potrà salvare... Da quando ho incontrato Atac ho rivalutato AMT Genova e non mi lamento più di Trenitalia. Fate voi in che condizioni versa il trasporto pubblico romano. I primi mesi perdevo le staffe praticamente tutti i giorni, ormai ho fatto di necessità virtù ed ho elaborato percorsi alternativi. Flessibilità e problem solving sono fondamentali per sopravvivere nella giungla della capitale!

Ecco qui le quattro verità incontrovertibili che ho imparato in questi pochi mesi. Stare qui, in ogni caso, mi piace perché, al di là delle indiscutibili motivazioni personali che da sole basterebbero, in realtà sto scoprendo nuovi luoghi, modi di vivere e le persone mi piacciono anche per il continuo casino che fanno, compensano il mio amore per il silenzio alla fine!

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