Viaggio fra gli Autori emergenti: Episodio 1- Insegnami ad amare di Stefania Fabrizi
Nelle ultime settimane, dando un'occhiata alla
mia lista dei contatti nei vari social e nella pagina Facebook del blog, mi
sono accorta che molti di loro sono aspiranti scrittori o Autori emergenti. Autori che provano in modi diversi a farsi conoscere al grande pubblico, che
provano a veder pubblicate le loro opere, a cercare una chance.
Trovare una Casa Editrice disposta a pubblicare,
senza che l'Autore debba in qualche modo contribuire economicamente e, molto spesso,
nemmeno in modo esiguo ma piuttosto corposo, sembra ormai utopia. Di qui nasce
la tendenza, sempre più diffusa ed accessibile a chiuque, del self publishing,
ovvero l'autopubblicazione.
Sono un'appassionata di lettura, un pò anche per
necessità soprattutto da quando mi sono trasferita.
Il mio Kobo viaggia sempre con me sui treni ed è
una preziosa compagnia della mia vita da pendolare.
Molto spesso mi sono imbattuta in libri
autopubblicati di scarisissima qualità, senza nessun tipo di novità, spesso libri
nati sulla falsa riga delle famose e da me poco apprezzate "Cinquanta
Sfumature". Il problema del self publishing è che chiunque pensi di essere
il nuovo Oscar Wilde può pubblicare il suo romanzo e, di fatto, intasa il
settore non permettendo a chi davvero ha talento di emergere e di avere la
possibiltà di farsi conoscere.
Da tutte queste riflessioni, ovviamente maturate su un treno per Roma, è nata l'idea di utilizzare lo spazio di
Aspettando le Astronavi per recensire i libri di esordienti che maggiormente mi
sono piaciuti, intervistando anche gli Autori. Perciò da oggi, una volta al
mese, il blog proporrà questo "viaggio" fra gli Autori emergenti.
Il primo episodio è dedicato ad
"Insegnami ad amare" di Stefania Fabrizi, edito da Delos. Il
libro è il primo della collana Odissea Romantica ed é uscito il 17 gennaio
2017. E' disponibile sia in cartaceo che in digitale.
Sinossi:
Langhe, fine agosto 2010. La vita scorre fin
troppo tranquilla nella cascina di Bossolasco dove la giovane Annita trascorre
le sue giornate ad aiutare la famiglia nei campi e a rimuginare sul suo futuro,
faticando a liberarsi da un’infanzia segnata dal dolore per la perdita di sua
nonna, unica persona che le ha dato il suo affetto. L’impasse esistenziale di
Annita viene sconvolta dall’arrivo inaspettato di David, giunto
dall’Inghilterra come volontario del w.w.o.o.f. nelle attività agricole della
cascina e appassionato lettore di poesie con cui lei, a poco a poco, scopre di
avere una profonda sintonia. Qualcosa cambia per sempre, Annita scopre l’amore
e si trasforma in donna insieme a David che, giunto al termine della sua
permanenza in Italia, dovrà separarsi da lei. Restare o raggiungerlo? Cambiare
vita per sempre o rinunciare alla felicità? Solo il cuore potrà deciderlo e
darle il coraggio di compiere la svolta definitiva.
Recensione:
Non sono una lettrice seriale del genere romance ma
questo romanzo mi ha veramente conquistata. I personaggi sono caratterizzati
benissimo. In particolare, Annita e David possono essere “sentiti” a fior di
pelle perché tremendamente reali con i loro pregi, le loro fragilità ed i loro
demoni. Annita vive un vero percorso di crescita ed il romanzo, il ritmo della
narrazione, cresce con lei. All’inizio tutto è avvolto dalla statica quiete
della cascina di Bossolasco, pare che nulla debba mutare, la lettura procede
con i lenti ritmi dei personaggi. Eppure si insinua nel lettore, non so come
spiegare, uno sfarfallio al petto, la sensazione di un’ energia inesplosa che
cambierà la statica quiete dell’inizio. Ho ritrovato in me alcune inquietudini
della giovane protagonista e molti dei fantasmi che appartengono a David. Non
voglio dire molto perché significherebbe svelare troppo la trama ed “Insegnami
ad amare” è una sorpresa continua che va assaporata senza rischi di spoiler ma
le tipologie umane ci sono praticamente tutte in questo romanzo e tutti noi ci
possiamo ritrovare in Annita e David. Nel mio caso poi conosco bene il
pregiudizio che accompagna una coppia con almeno dieci anni di differenza d’età
e questo mi ha fatto sentire molto vicina alle creature della Fabrizi.
I luoghi sono descritti meravigliosamente, sembra di
essere lì nelle Langhe e di respirare i profumi e gli odori, di sentire la
pioggia, il vento, il calore del sole, di vedere le meraviglie che l' Autrice
ci mostra, attraverso la sua narrazione. Persino i profumi della cucina
arrivano direttamente attraverso le pagine del libro, soprattutto la torta di
nocciole che Annita prepara insieme a Rita è una delle parti più belle, al di
fuori del filone principale, perché trasporta il lettore nella cucina insieme a
loro e gli fa sentire consistenza, profumo e sapore del dolce che viene
preparato.
Altra cosa che ho trovato molto bella del romanzo, sono
le citazioni letterarie e anche i richiami musicali, in particolare
a David Bowie che fa da colonna sonora a tutto il romanzo. Non è facile
trovare in scrittori esordienti una tale capacità di citare appropriatamente e
senza essere mai banali. Stefania Fabrizi si dimostra un talento anche in
questo.
Ma sopra ogni cosa ho apprezzato il suo garbo nel
raccontarci questo amore delicato ma appassionato senza essere mai volgare.
Capiamoci, io non ho nulla contro i romance con scene di sesso, o contro il
romanzo erotico ma, se devo pensare al genere erotico, io penso ad Ananis Nin e
non alle Cinquanta sfumature e a tutti i cloni usciti negli ultimi anni. I
romanzi d’amore oggi sono intrisi di sesso, di scene ripetute e copiate, tutte
uguali e senza nessuna originalità. Stefania Fabrizi mi ha fatto un regalo: mi
ha raccontato una storia d’amore meravigliosa senza dirmi quanto fossero
turgidi i capezzoli di Annita o lungo il membro di David. Di questo la
ringrazio, perché non c’è n’è bisogno,
non c’ è assolutamente bisogno per raccontare un amore di eccedere con i
dettagli della vita intima dei protagonisti. La tensione sessuale fra Annita e
David la si sente fin dal loro primo incontro, il desiderio è presente
continuamente ma senza che i protagonisti finiscano a letto praticamente per
tutto i romanzo. Un ritorno ad una qualità narrativa che non vedevo da
tempo. La capacità di raccontare i sentimenti più profondi senza eccessi di
gusti particolari e frustini. Il sesso è dimensione dei protagonisti. I loro
gusti personali sono loro, esattamente come dovrebbe essere nella vita reale.
Si dovrebbe vivere la sessualità liberamente ma senza farne per forza mostra a
tutto il resto del mondo.
Insomma avrete capito che io questo romanzo ve lo
consiglio caldamente perché è una bellissima esperienza emotiva, perché
scoprirete luoghi che avrete voglia di visitare, oppure vorrete tornarci,
perché è scritto bene, perché è diverso da tutto ciò che sta circolando sul
tema amore ultimamente. Stefania Fabrizi merita di essere letta. “Insegnami ad
amare” è una storia che merita di essere vissuta ovviamente con David Bowie in
sottofondo.
David Bowie- Space Oddity
Intervista con Stefania Fabrizi:
Aspettando
le Astronavi: Ciao Stefania, benvenuta su Aspettando le Astronavi e grazie per
il tempo che hai deciso di concedere a questa intervista!
Stefania
Fabrizi: Ciao, grazie a te per avermi dedicato questo spazio, rispondo
volentieri alle tue domande.
A:
Iniziamo da te… Chi è Stefania Fabrizi? Come ti descriveresti?
S:
Dunque, la prima parola che mi viene in mente per descrivermi è “sognatrice”.
Io ho spesso la testa tra le nuvole soprattutto perché mi piace spaziare con la
fantasia, per questo che nella scrittura ho trovato il mio hobby preferito; mi
piace osservare il mondo intorno a me e prendere spunti e ispirazione anche
dalle piccole cose. Ti rivelo un segreto: qualche volta lascio la macchina a
casa e prendo i mezzi pubblici per stare
in mezzo alla gente e prendere “appunti mentali”!
A:
Qual è il tuo libro preferito?
S:
Ho due libri preferiti: “Camera con vista” di E. M. Forster e “Il ritratto di
Dorian Gray” di Oscar Wilde.
A:
E la tua canzone preferita?
S:
Beh sono una grandissima fan dei Queen e ti direi che amo (quasi) tutte le loro
canzoni, quella che considero la mia preferita è “My fairy king” scritta da
Freddie Mercury.
A:
“Insegnami ad amare” è il tuo romanzo d’esordio?
S:
“Insegnami ad amare” è il mio secondo romanzo. Infatti ho esordito nel 2008 con
un altro libro che ora è fuori catalogo e che ho riscritto completamente, è
sempre una storia sentimentale ma è completamente diversa sia come
ambientazione che come caratteristiche dei personaggi.
A:
Come nasce la storia di Annita e David? L’hai scritto di getto, un po' alla
Isabel Allende con “La casa degli spiriti oppure è una storia che ha avuto una
lunga gestazione?
S:
La storia di Annita e David si è formata piano piano, il brain storming è
durato molto tempo anche perché all’inizio avevo intenzione di scrivere una
storia di fantasmi. Annita si chiamava Annalisa e David si chiamava Jake, lei
nella mia idea era nata fin da subito come una giovane ragazza che viveva in
mezzo alla campagna e lui era un poeta giramondo amante della solitudine e
della propria indipendenza. Ti stupirò dicendoti che non volevo che tra loro
sbocciasse l’amore, anzi erano talmente diversi da sopportarsi poco e capirsi
ancora meno però erano accomunati da un unico obiettivo: scoprire il mistero di
strane apparizioni in un casolare abbandonato. I personaggi secondari erano
molti di più e tra loro c’era la madre di lei, che poi nella versione finale è
stata sostituita dal fratellastro Michele. Gabriella era la sorella, ma poi è
diventata la cognata e Nausica viaggiava con il fidanzato che poi è stato
sostituito dalla madre. Tutte queste trasformazioni sono durate circa tre anni
di lavoro tra brain storming, stesura e revisioni.
A:
Ti sei ispirata a qualche persona reale per la caratterizzazione dei tuoi
personaggi sia primari che comprimari?
S:
Ad ogni personaggio corrisponde la faccia di un attore/attrice realmente
esistenti, trovati da internet dopo un lungo “casting”. Una volta trovato il
cast, mi sono salvata immagini e video che mi sono guardata durante la stesura
per carpire gesti e smorfie del viso, il timbro della voce, la risata e tutto
il resto. Per la caratterizzazione il discorso è diverso: David è la
personificazione del mio immenso amore per l’Inghilterra, è più un’allegoria
che un personaggio. Annita non prende spunto da nessuno, il suo carattere è
nato da zero da sé durante la stesura mentre Michele, Gabriella e Simone sono
un misto di tutte le persone che ho conosciuto o con cui ho avuto a che fare
negli anni, frequentando la zona delle Langhe (perché mio marito è di Acqui
Terme), da cui ho rubato espressioni idiomatiche, mentalità, abitudini, ecc..
non da tutti eh! Solo da chi mi ha colpito in un senso che poi è stato
funzionale al tipo di storia che ho scritto, cioè quello di una realtà
contadina a tratti un po’ isolata dal resto del mondo. Nausica e Rita sono
invece il mio alter ego, essendo romana anche io, soprattutto la prima, nel
senso che mi sono voluta infilare nella storia come ha fatto anche Forster con
la signorina Eleanor Lavish in “Camera con vista”, una specie di “spalla” della
protagonista, una osservatrice che porta consigli e buonumore e che, nel mio
caso, aiuta Annita nella risoluzione del suo problema.
A:
Quanto c’è di autobiografico nel tuo romanzo?
S:
Di autobiografico c’è molto poco se non nei dettagli delle descrizioni
ambientali, voglio dire che i posti che descrivo li ho visitati davvero. Nella
storia in sé non c’è nulla di autobiografico, al contrario dell’altro romanzo
che conto di pubblicare entro quest’anno e che invece ha molti aspetti che
appartengono alla mia vita privata.
A:
I luoghi che descrivi nel romanzo li hai personalmente visitati? La cascina di
Bossolasco è ispirata a un luogo reale?
S:
Ecco, come dicevo poc’anzi, la cascina di Annita esiste davvero ed è un
agriturismo di Bossolaschetto in cui ho soggiornato due giorni preziosissimi
durante i quali ho fatto tante foto e filmati. Ti farò sorridere dicendo che ho
ascoltato i rumori che mi circondavano, annusato tutti gli odori e ho toccato
il prato, il pavimento all’interno della cascina, i muri, le foglie, sono stata
una buona mezz’ora nella radura di Annita accanto al suo Albero Papà.
A:
Qual è l’ora migliore per scrivere secondo te?
S:
Credo che l’ora migliore per scrivere sia soggettiva, personalmente sono più
produttiva al mattino dopo un buon caffè! Mi è capitato di scrivere a tutte le
ore del giorno, persino alle tre di notte ma mi è capitato anche di addormentarmi
sulla tastiera a quell’ora!
A:
C’era un’abitudine particolare durante la stesura del romanzo? Un rito a cui
non potevi rinunciare, ad esempio.
S:
Due abitudini in particolare: disponevo le foto del cast di cui ti dicevo, una
vicino l’altra, sotto il file aperto di word. Guardare le facce dei personaggi
mi aiutava a riflettere soprattutto sui dialoghi. Un’altra abitudine era quella
di mettermi le cuffie e ascoltare la versione strumentale delle canzoni che
cito nel romanzo, in particolare “Space Oddity” ma anche “Absolute Beginners”,
“Starman” e “Life on Mars?”. Infatti, come hai potuto vedere, David Bowie è
citato più volte nel romanzo e si intreccia anche con lo svolgimento della trama.
Ascoltavo anche i file audio degli effetti sonori legati alla storia, per
esempio il verso delle cicale in estate quando narravo dei fatti accaduti alla
fine di agosto, oppure il rumore del trattore, i fischi del vento negli infissi
e anche quello del forte temporale che arriva di notte sulla cascina e di cui
Annita è spaventata. Ho sempre cercato di vivere in prima persona quello che
stavo raccontando.
A:
Immagino sia stato difficile conciliare lavoro, famiglia (hai due figli
piccoli) e la stesura del romanzo. Come hai fatto? La passione muove davvero
energie profonde oppure hai pensato di mollare in qualche momento?
S:
Durante la stesura ho cercato di approfittare del tempo libero grazie ai turni
di lavoro pomeridiani. Per il resto, mi sono ritagliata una mezz’ora al giorno
o al massimo un’oretta quando riuscivo a farlo sia durante la settimana che nei
weekend. La scrittura mi appassiona molto e non giro mai senza carta e penna in
tasca, elaboro idee anche durante le faccende domestiche e mi è capitato di
scrivere con mio figlio più piccolo in braccio. Sono fortunata perché ho una
famiglia che supporta e “sopporta” molto questa mia passione e anzi tifa per
me.
A:
Una curiosità od un aneddoto particolare legato al romanzo?
S:
Un aneddoto? Ti sembrerò matta! Quando mio marito quando mi ha portata quel
weekend nella cascina di Bossolasco, abbiamo incontrato una persona molto
simile a Gabriella e appena l’ho vista
mi sono illuminata e ho iniziato a tempestarla di domande per rubarle qualche
frase che poi ho infilato nel romanzo. Le domande erano tipo “Ma voi che
animali avete qui?”, “Ma la raccolta di nocciole esattamente come la fate?”,
“Ma cosa c’è nel fienile che vedo lì?”, “Ci sono radure qui intorno?” e lei mi
rispondeva sempre più perplessa perché la fissavo per studiare le espressioni
del viso e le parole che usava. La cosa bella è che aveva un marito molto
simile a Michele e per me stare lì con loro, nella cucina che io avevo immaginato
ancora prima di sapere che esisteva davvero, beh, mi ha fatto un gran
bell’effetto. Ho avuto l’impressione che da un momento all’altro potessero
comparire anche gli altri. Diciamo che visto che per David mi sono ispirata a
Michael Fassbender, se fosse comparso non mi sarebbe dispiaciuto affatto!
A:
Tu hai avuto la possibilità ed il merito di pubblicare con una Casa editrice:
la Delos. Ti va di raccontarci il tuo percorso, le eventuali porte in faccia e
come sei arrivata alla Delos?
S:
Sono arrivata alla Delos Digital grazie ad una ragazza che aveva pubblicato con
la mia stessa casa editrice nel 2008. Lei ha pubblicato diversi racconti e
romanzi con loro e mi ha detto “Provaci anche tu, perché no?” e allora il 3
febbraio del 2016 ho inviato il manoscritto sia alla Delos che ad altre case
editrici. Ho atteso quasi tutto l’anno e poi il 14 ottobre sono stata
contattata dalla curatrice della collana Odissea Romantica. Il mio romanzo le è
piaciuto al punto che lo ha scelto per inaugurare l’esordio della collana
stessa, il 17 gennaio scorso. Nel giro di qualche giorno ho firmato un
contratto editoriale (non ti dico la felicità immensa) e ho curato l’editing,
la copertina e approvato l’impaginazione per la forma cartacea… tutte cose che
appartenevano ai miei sogni solo fino a qualche giorno prima. Si prendono anche
porte in faccia ma alla fine ciò che conta è continuare ad impegnarsi e a
crederci.
A:
Il genere romance è abbastanza saturo di pubblicazioni sia con CE che
attraverso self publishing: quali pensi siano i punti vincenti, l’originalità
di Insegnami ad amare?
S:
“Insegnami ad amare” è un po’ diverso dai classici romanzi d’amore, credo,
soprattutto per quanto riguarda il finale, che non voglio rivelare a chi vorrà
leggere il romanzo. Io ho voluto raccontare qualcosa che assomiglia ad un
viaggio evolutivo della personalità di Annita, come un risveglio di coscienza e
desiderio di cambiare già latente in lei che poi prende il via con l’impatto
scioccante che ha grazie all’incontro con David. Lui è affascinante ma non è il
classico belloccio appariscente, né muscoloso, né milionario dominatore dei
sentimenti di lei, David è un uomo normalissimo che si potrebbe incontrare per
strada, un pediatra con la passione della poesia, riservato e brillante allo
stesso tempo, che coglie qualcosa dentro di lei e lo tira fuori risaltandolo. L’affinità
tra David e Annita va oltre la mera attrazione fisica, è un dare-avere
psicologico, un incontro di anime alla ricerca di qualcosa che trovano l’uno
nell’altra, a dispetto delle diversità di cultura, di età e di lingua. Tu da
lettrice cosa ne pensi?
A: La penso esattamente come te. "Insegnami ad amare" racconta la crescita interiore di Annita, la sua metamorfosi a Donna. Il legame che la lega a David è un' affinità che va ben oltre il sesso, è un'affinità mentale che io conosco, perché ho avuto ed ho la fortuna di sperimentarla quotidianamente. Anch'io ho incontrato il mio "David" che ha sconvolto la mia vita e mi ha permesso di completare la mia metamorfosi e di trovare in me il coraggio di vivere. Il romanzo, secondo me, si riassume in una frase di Marta al capitolo VIII: "Uscire dal proprio guscio, dalla propria dimensione conosciuta e protetta, quella è la vera sfida. Ecco, io ho capito che dovevo tirare fuori il coraggio e iniziare a vivere. Bada bene, ho detto vivere e non esistere".
A:
Che cosa pensi del self publishing? Secondo te può essere una risorsa per gli
aspiranti scrittori? E tu hai mai pensato di pubblicare come self?
S:
Il self-publishing è una valida alternativa alla pubblicazione con la CE e
potrebbe essere un modo per farsi notare dalle CE stesse. So infatti di amici
autori che sono stati “pescati” dal self publishing e a cui sono stati
sottoposti dei contratti editoriali. Io non ho mai considerato l’ipotesi della
auto pubblicazione perché mi sento più sicura se ho il supporto di
professionisti dell’editoria, sia in termini burocratici che in termini di
consigli sull’editing del testo. Quindi invio manoscritti e attendo fiduciosa,
non ti nascondo che tento la fortuna solo con CE grandi o partecipando a
concorsi letterari, questo perché ho sogni ambiziosi, pretenziosi forse, ma ci
credo fermamente e continuo a dare anima e corpo alla scrittura.
A:
Ultima domanda: pensi che leggeremo ancora di Annita e David?
S:
Il seguito di “Insegnami ad amare” è una questione spinosa, nel senso che ho
buttato giù due idee e ho anche preso un aereo fino a Brighton, la città di
David, in cerca di ispirazione, al momento però la stesura è ancora in embrione
perché mi sono dedicata a terminare l’altro romanzo. Mai dire mai.
A:
Grazie Stefania e alla prossima!
S:
Grazie a te, mi ha fatto molto piacere essere ospite del tuo blog
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Al prossimo episodio!
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